Studio legale Pastrengo

Luci ed ombre sui limiti all’esercizio dell’attivita’ professionale di consulente finanziario nel nostro ordinamento giuridico

Marcello G. Pastrengo – aprile 2003

Durante e subito dopo la nota bolla speculativa – poi fragorosamente ed inesorabilmente esplosa in tutto il mondo – dei titoli high tech, tutti si sono improvvisati “consulenti”, dal mio tabaccaio, al mio fornitore di eccellenti gelati artigianali . 
Ma è lecito che soggetti che non sono abilitati e/o che non sono promotori finanziari svolgano l’attività di “consulente finanziario” ? 
Com’è noto l’attività di consulenza, già ricompresa tra le forme di attività di intermediazione mobiliare riservate agli intermediari autorizzati nella legge n. 1/1991, è stata sottratta alla riserva di attività con l’entrata in vigore del decreto legislativo n. 415/1996 e ciò seguendo l’impostazione della direttiva comunitaria 93/22/CEE che ricomprende tale attività nell’elenco dei servizi accessori di cui alla Sezione “C” dell’allegato alla direttiva medesima“ . 
Dunque, la mera “attività di consulenza” è “attività resa pienamente lecita da parte di chiunque dal d.lgs. 415/96 ( principio ribadito anche dal d.lgs. 58/98, che ha abrogato la legge 2 gennaio 1991, n° 1 ), che consente anche a soggetti diversi dagli intermediari mobiliari di esercitarla, senza necessità di autorizzazioni o di altre forme di abilitazione” .1 
Tale attività è inclusa dall’art. 1, comma 6, del d.lgs. n. 58/98 tra i servizi accessori. 
L’esercizio professionale nei confronti del pubblico di tale servizio non è riservato agli intermediari autorizzati a prestare servizi di investimento in Italia ai sensi del citato decreto. La prestazione del servizio di consulenza in materia di investimenti in strumenti finanziari è pertanto libera e può esplicarsi sia in forma individuale che in forma societaria. 
Ciò significa che la “consulenza finanziaria” è un servizio che chiunque, su “Internet”, professionalmente o no, su quotidiani o riviste più o meno specializzate … al “ bar “ sotto casa … può rendere senza violare disposizioni di legge . 
Nella prestazione del servizio di consulenza i soggetti diversi dagli intermediari autorizzati non sono tenuti al rispetto della disciplina delineata dal d.lgs. n. 58/1998 e dai regolamenti attuativi previsti dal medesimo decreto.
L’attività di consulenza finanziaria L’attività di “consulenza in materia di investimenti in strumenti finanziari” consiste : nel “fornire consigli sulla migliore ripartizione di portafoglio in base alle caratteristiche dei singoli clienti, avendo particolare attenzione al mercato azionario” ; nel “fornire al cliente indicazioni utili per effettuare scelte di investimento e nel conseguire le operazioni più adeguate in relazione alla situazione economica e agli obiettivi del cliente stesso” ; ([2]) nel “fornire ai clienti servizi di verifica e ottenere un’analisi comparativa delle diverse strategie di investimento e/o prodotti finanziari disponibili sul mercato”; nel “focalizzare la strategia e gli strumenti finanziari più idonei alle caratteristiche e alle esigenze del cliente” ; nel “comunicare ( in tempo reale o mediante riepilogo su un modulo predisposto dal cliente ) degli eseguiti generati dal Sistema” ; nel “calcolo mensile della parcella consulenziale basata ( a seconda degli accordi ) o su una percentuale degli utili conseguiti dal cliente o su una percentuale degli utili conseguiti dal sistema” (2).
L’attività di “consulenza in materia di investimenti in strumenti finanziari” è un’attività caratterizzata da alcuni elementi essenziali del rapporto, e cioè : esistenza di un rapporto bilaterale e personalizzato tra il consulente e il cliente, fondato sulla conoscenza degli obiettivi d’investimento e della situazione finanziaria del cliente stesso così che le indicazioni siano elaborate in considerazione della situazione individuale dello specifico investitore; posizione di strutturale indipendenza del consulente rispetto agli investimenti consigliati; inesistenza di limiti predeterminati in capo al consulente circa gli investimenti da consigliare   La remunerazione del servizio di consulenza. 
Per quanto attiene specificamente alle modalità di remunerazione del servizio di consulenza, si rappresenta che, per effetto di siffatta liberalizzazione, il contenuto del contratto rimane nella libera determinazione delle parti e trova la sua disciplina nelle norme di diritto comune . 
Con riguardo alla commisurazione del compenso del consulente ai risultati conseguiti dal cliente, si osserva che “tale modalità di remunerazione non è elemento qualificante del servizio di gestione su base individuale” .([3]
L’ABI, però, con un Codice interno di comportamento sulla prestazione dei servizi d’investimento approvato da tutte le banche associate, ha previsto un divieto specifico – ma non sanzionato – di “ ricevere benefici, somme o altre utilità … allorchè siano finalizzate ad ottenere vantaggi impropri da parte dei clienti “ . ([4]
Vanno tuttavia precisati quali sono i limiti oltre i quali tale attività si trasforma in attività bancaria o attività finanziaria o attività di raccolta del risparmio, vietate ai soggetti che non ne abbiano i requisiti di legge . 
Sul punto, però, va fatto un distinguo tra l’attività del bancario e quella di qualsiasi altro professionista, con esclusione dei promotori finanziari, che sono soggetti ad una legislazione ad hoc . 
L’attività bancaria e l’attività di “raccolta di risparmio” tra il pubblico, che è disciplinata dal Testo Unico delle leggi in materia bancaria e creditizia ([5]), successivamente modificato dai decreti legislativi 4 agosto1999, nn. 333 e 342 e 26 febbraio 2000, n. 63 . 
C’è attività di raccolta del risparmio ogniqualvolta vi sia l’acquisizione di fondi o denaro , con obbligo di rimborso, sia sotto forma di depositi, sia sotto altra forma . 
Gli artt. 10 e 11 del testo unico bancario prevedono espressamente che : l’ esercizio dell’attività bancaria è riservato alle banche ; la raccolta di risparmio tra il pubblico è vietata ai soggetti diversi dalle stesse . 
Il comportamento del professionista o dell’artigiano o del commerciante … che dovesse sconfinare in questo territorio sarebbe soggetto a sanzioni assai rigorose . In particolare l’art. 130, stessa legge, punisce l’abusiva attività di raccolta del risparmio con  l’arresto da sei mesi a tre anni e con l’ammenda da €uro 12.911 a €uro 51.646; mentre il successivo art. 131 sanziona l’abusiva attività bancaria con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa da €uro 2.066 a €uro 10.329 . 
La situazione sarebbe destinata a peggiorare non poco se l’artigiano o il professionista si rivolgessero ad un mercato estero – extra UE – con i denari dei propri “clienti”, convertendo le vecchie lire o gli €uro in valuta straniera . In questo caso vi sarebbe, infatti, anche attività di intermediazione in cambi ; attività che, come ha precisato il Ministero del Tesoro e dell’Economia con decreto 6 luglio 1994 – integrato con d.m. 1° settembre 1998 -, si identifica proprio nella “negoziazione di una valuta contro un’altra”, nonché in ogni forma di mediazione avente ad oggetto valuta, in violazione dell’art. 106, 4° comma, del d.lgs. 385/93 e che è sanzionata dall’art. 132 del d.lgs. 385/93, rubricato “abusiva attività finanziaria”, con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa da €uro 2.066 a €uro 10.329 .  
Ma v’è di più . La situazione, che già sarebbe piuttosto grave, si aggraverebbe ulteriormente qualora i soggetti non abilitati di cui sopra utilizzassero o promettessero di utilizzare le somme dei loro “clienti” per l’acquisto diretto di strumenti finanziari. 
In tal caso occorre precisare che il corpus iuris delle norme che disciplinano l’attività bancaria e finanziaria comprende anche il Testo Unico dell’Intermediazione Finanziaria (T.U.F. o T.U.I.F.), testo approvato con d.lgs. n° 58 del 24 febbraio 1998, su delega del Parlamento, conferita con legge 6 febbraio 1996, n° 52, che risistema la disciplina del decreto Eurosim, aggiungendo nuove disposizioni, ed abrogando un enorme numero di norme, tra cui la legge n° 1 del 2 gennaio 1991 “S.I.M.” ([6]). 
L’attività finanziaria Il Testo Unico Finanziario, entrato in vigore il 1° luglio 1998 – anche se capita ancora oggi che qualche esponente aziendale di banca dichiari in giudizio di reputare ancora in vigore l’abrogata legge 1/1/91, n° 2 – detta in effetti alcune disposizioni imperative molto importanti per l’esercizio professionale nei confronti del pubblico dei servizi d’investimento, e cioè : l’esercizio professionale nei confronti del pubblico dei servizi d’investimento è riservato alle imprese di investimento e alle banche, intendendosi per imprese di investimento le Sim, le imprese d’investimento comunitarie e quelle extracomunitarie ([7]), e non anche altri soggetti liberi professionisti o no ([8]), previa autorizzazione rilasciata dalla Banca d’Italia ([9]) ; solo i promotori finanziari iscritti in uno speciale Albo unico nazionale istituito dalla Consob sono autorizzati a presentare offerte fuori sede ([10]) ; l’offerta di acquistare strumenti finanziari può anche essere assimilata alla sollecitazione all’investimento di cui al titolo II, capo I, artt. 94 e seguenti del TUF (i quali legittimano coloro che intendono effettuare essa sollecitazione all’investimento solo dopo averne dato preventiva comunicazione alla Consob, allegando il prospetto destinato alla pubblicazione) . 
Anche in questo caso il legislatore ha sanzionato in misura diversa le diverse violazioni di legge. 
La violazione dell’obbligo di utilizzare promotori finanziari per la presentazione di offerte fuori sede, ad esempio, è punita ex art. 190 Tuf con la sanzione amministrativa pecuniaria da €uro 516 a €uro 25.823, a carico dei soggetti che svolgono funzioni di amministrazioni o di direzione e i dipendenti di società o enti che, eventualmente, fossero collegati alla parte convenuta . 
Mentre l’abusivismo vero e proprio, costituito dallo svolgimento di servizi di investimento e di gestione, dall’offerta fuori sede per conto proprio ovvero la promozione o il collocamento di strumenti finanziari o servizi d’investimento è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni e con la multa da €uro 2.066 a €uro 10.329 ([11]) . 
Non solo ma qualora il soggetto non abilitato ponga in essere operazioni che arrecano danno ad investitori, al fine di procurare a sé  o ad altri un ingiusto profitto, è soggetto anche alle pene previste dall’art. 167  Tuf, e cioè all’arresto da sei mesi a tre anni e all’ammenda da lire 5.164 €uro a 103.291 €uro … beninteso se il fatto non costituisce reato più grave . 
V’è infine un’ultima disposizione di legge : è il caso di chi, al fine di procurare a sé o ad altri un ingiusto profitto, violi anche le disposizioni concernenti la “separazione patrimoniale” arrecando un vantaggio ad un investitore a danno di altri, che prevede … sempre qualora il fatto non costituisca reato più grave … l’arresto da sei mesi a tre anni e l’ammenda da €uro 5.165 a €uro 103.291 . 
Và da sé che le norme di cui sopra trovano applicazione congiuntamente a quelle di carattere meramente penale, nelle ipotesi di truffa e/o appropriazione indebita e/o circonvenzione d’incapace e/o altro . 
L’attività degli impiegati di banca   
Per quanto riguarda, invece, gli impiegati di banca è chiaro che la loro attività di consulenza si risolve nel collocamento di prodotti della banca e cioè nel fornire ai clienti le seguenti informazioni messe a disposizione dalla Banca stessa : offerta dei prodotti finanziari forniti dalla banca ; notizie sull’andamento dei mercati, sui prezzi di azioni, obbligazioni e titoli di stato (tramite un terminale allo sportello a disposizione della clientela); report della banca e/o di eventuali SIM convenzionate; (con l’obbligo però di specificare ai clienti che si tratta di report hanno il solo e unico scopo di fornire elementi di studio sull’andamento dei mercati) ; informazioni tratte dalle pagine dei  giornali finanziari ; informazioni tratte da altri notiziari di SGR e/o SIM convenzionate ; informazioni sugli “eseguiti” generati dal sistema, sulla composizione del portafoglio titoli e/o sulla sua valutazione in base all’ultimo prezzo memorizzato .
Su quest’ultimo punto è intervenuta anche la Consob, che ha infatti precisato che la “consulenza” può consistere anche “nel fornire al cliente servizi di verifica, con la comunicazione” ( in tempo reale o mediante riepilogo su un prospetto fornito dalla Banca e/o dal cliente stesso ) “degli eseguiti generati dal sistema”  .[12] 
Nei casi in cui il cliente decida invece di non rendere esplicito all’intermediario abilitato il proprio “status finanziario” e/o la propria “propensione al rischio”, firmando una dichiarazione liberatoria per la banca contenuta nel contratto di negoziazione, risulta invece impossibile al dipendente di banca fornire indicazioni utili per effettuare scelte di investimento e nel consigliare le operazioni più adeguate in relazione alla personale situazione economica e agli obiettivi; e il dipendente si trasforma in tal modo da potenziale “consulente finanziario” a semplice “collocatore di prodotti” . 
Gli impiegati di banca con l’incarico di terminalista-cassiere o di direttore di agenzia (…con la qualifica di impiegato…) non sono mai stati in grado di intervenire nel rapporto fornitore/cliente dal momento che, per contratto e per legge, possono soltanto “svolgere la semplice attività di raccolta ordini, per la cui esecuzione si devono rivolgere, se non espressamente autorizzati per iscritto dal Consiglio di Amministrazione della banca, alla competente funzione della Direzione Generale, loro unico interlocutore” e “responsabile dell’esecuzione degli ordini”. 
Gli intermediari autorizzati – tramite gli impiegati, quadri e dirigenti delle competenti funzioni delle Direzioni Generali all’uopo incaricate con delibere ad hoc dei Consigli di Amministrazione – devono provvedere a curare l’esecuzione di tutte le proposte : “o mediante negoziazione in proprio”, cioè in contropartita diretta con il cliente; “ o mediante invio alla propria o ad altra S.I.M. esterna (intermediario autorizzato alla negoziazione) “o, se autorizzati, direttamente sui mercati gestiti dalla Borsa Italiana S.p.A.”. 
Circa la “trasmissione – per conto del cliente – di ordini di compravendita di strumenti finanziari alla banca o ad un intermediario abilitato e/o la sistematica ricezione di ordini da investitori ai fini della loro trasmissione ad un intermediario negoziatore“ è inutile dire che costituisce attività tipica di qualunque bancario addetto ad una filiale, agenzia o Dipendenza o addetto al “Borsino” della Banca . 
E, infatti, è sempre l’intermediario abilitato alla ricezione degli ordini ad avere, da una parte, il “rapporto contrattuale con il cliente per la vendita del prodotto o l’erogazione del servizio”  e, dall’altra, il successivo rapporto contrattuale con la Società di Compensazione e/o garanzia e/o con la Soc. Monte Titoli S.p.A. per il pagamento e il deposito delle azioni acquistate .
Com’è noto, infatti, le cause di invalidità e di inefficacia delle operazioni concluse e le connesse azioni risarcitorie e restitutorie, possono essere fatte valere solo tra i contraenti di mercato : Banca/S.I.M. ; S.I.M:/Borsa, Banca/Borsa; S.I.M./Monte Titoli Spa; Banca/Monte Titoli Spa . 
E’ pertanto ovvio e pacifico per tutti che il dipendente di banca che si limita a consegnare, come “passacarte”, le c.d. “proposte di compravendita di strumenti finanziari” dei clienti, seppure dietro sua consulenza e/o suggerimento e/o semplice informazione, alla banca-intermediario abilitato alla ricezione degli ordini, che a sua volta le trasmette alla SIM-intermediario autorizzato alla negoziazione, “sia poi a conoscenza delle operazioni eseguite o non eseguite da essi intermediari, senza che ciò possa in alcun modo costituire “svolgimento abusivo di servizi di investimento da parte del consulente stesso”. 
In caso di procura e/o di un mandato scritto ad agire in nome del cliente La circostanza, invece, che un impiegato di banca si faccia rilasciare una procura e/o un mandato scritto ad agire in nome del cliente potrebbe configurare una violazione dell’art. 1.3 del Codice di Autodisciplina dell’ABI, peraltro non espressamente sanzionata, che stabilisce: “Agli intermediari autorizzati è vietato stipulare contratti, stabilire rapporti, eseguire disposizioni o effettuare  operazioni con investitori che intendano a tale scopo avvalersi di procuratori o incaricati se questi sono amministratori, sindaci, dipendenti, collaboratori o promotori finanziari degli intermediari stessi” “Il divieto di cui al comma 1. non si applica però qualora l’investitore sia coniuge o convivente, parente o affine sino al quarto grado del procuratore o dell’incaricato” “Agli amministratori, sindaci, dipendenti, collaboratori esterni o promotori finanziari degli intermediari è fatto divieto di accettare le procure e gli incarichi di cui al comma 1“ 
In caso di procura a trasmettere, in nome e per conto del cliente, ordini di compravendita di strumenti finanziari ad un intermediario abilitato e/o sistematica ricezione di ordini da investitori ai fini della loro trasmissione ad un intermediario negoziatore . 
Una procura scritta  – e/o il conferimento di un mandato scritto in tal senso- da parte degli investitori “a trasmettere in nome e per conto, sistematicamente e direttamente ordini ad un intermediario negoziatore” potrebbe invece “configurare l’esercizio professionale nei confronti del pubblico del servizio di ricezione e trasmissione di ordini di cui all’art. 1, comma 5, lettera e), del decreto legislativo n. 58/1998, riservato alle imprese di investimento e alle banche ai sensi dell’art. 18, comma 1 del suddetto decreto“ , ma non anche la violazione degli artt. 132 e 106 comma 1 del T.U. bancario d.lgs. 385/93 . 
L’attività dei Promotori Finanziari e la gestione mascherata La posizione del Promotore Finanziario è ben diversa e ben più delicata rispetto a quella degli impiegati di banca che, come abbiamo visto, non possono in alcun modo svolgere che la semplice attività di raccolta ordini, per la cui esecuzione si rivolgono al loro unico interlocutore, costituito dalle competenti responsabili funzioni superiori . 
Il Promotore, infatti, attua la c.d. gestione mascherata nell’ipotesi in cui in ragione del rapporto di fiducia con il cliente ponga in essere direttamente le operazioni di negoziazione per conto del cliente medesimo, operando sul rapporto allo stesso riferibile ([13]) . 
E’ vero che per il promotore finanziario la possibilità di ricevere le disposizioni da parte dei clienti e di trasmetterle all’intermediario abilitato viene riconosciuta dalla normativa vigente, laddove si prevede ([14]) che “gli intermediari autorizzati si avvalgono dei promotori finanziari al fine di … ricevere dagli investitori … disposizioni relative ai servizi offerti” . 
Ma è altrettanto vero che vi sono alcuni elementi caratterizzanti la fattispecie, quali una pluralità di operazioni, l’identità delle stesse,  l’effettuazione delle medesime nello stesso momento per un certo numero di investitori, l’utilizzo dello User ID e/o della password del cliente, congiuntamente ad una operatività non supportata dalla effettiva esistenza di ordini conferiti dai singoli clienti e/o dalla presenza di vere e proprie falsificazioni delle firme dei clienti sui moduli di conferimento degli ordini ovvero di appropriazioni o utilizzo degli strumenti di identificazione telematica riservati all’investitore, la Consob deduce l’esistenza di un’attività di “gestione” da parte del promotore, cioè di un servizio riservato agli intermediari abilitati . 
Per concludere, è comunque preferibile che il tabaccaio continui a vendere “tabacchi e valori”, il gelataio i suoi squisiti e … privi di rischi – … se non per la linea … – sorbetti .                                                                          

Note:

[1]  cfr. comunicazione Consob 18/12/96
[2] Cfr. Consob, comunicazioni. n. Dl/30441 del 21-4-2000, n. Dl/98080597 del 14-10-1998, n. DIN/1049774 del 22-6-2001, n. DIN/1071590 del 21-9-2001, n. DI/98080600 del 14-10-1998, n. DI/99023323 del 26-3-1999, n. BOR/RM/94005134 del 24-5-1994 
[3] cfr. comunicazione Consob 26-3-99
[4] art. 1.5 Codice di Autodisciplina dell’ABI
[5] d.lgs. 385/93
[6] cfr. art. 214, primo comma, lettera aa) d.lgs. 58/98
[7] cfr.art. 1, 1° comma, T.U. n. 58/98
[8] cfr. art. 18
[9] a norma dell’art. 19, 4° comma, D.LGS. n. 58/98
[10] cfr. art. 31
[11] cfr. art. 166 Tuf
[12] cfr. comunicazione Consob 14/10/98
[13] cfr. comunicazione Consob DI/46365  del 12 giugno 2000
[14] art. 36, comma 1, lett. d) regolamento Consob n. 11522/98

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